Il Mago di Palermo

Il suo sguardo ironico e disincantato, si intreccia con l’anima profonda delle cose, e le sue mani guidate dall’immagine percepita, ricreano la realtà modificandola e in un certo senso rendendola più vera nella sua grottesca maschera. Le fonti dell’essere, le sorgenti dell’esistenza, i labirinti dell’anima presentano barriere insormontabili, catene indissolubili, carceri insopportabili che trovano ancora salvezza nella catarsi liberatoria dell’arte. Totem arcaici, idoli solari, ragazze primordiali, sciamani provenienti da chissà quale perduta cultura, invocano una riconquista della genuinità smarrita. Sono questi i protagonisti personaggi alla ricerca del Mago di Palermo, il quale in fondo altro non è, giocando con le vie dell'etimo, che l'Immagine (da I-mago appunto), l'identità diremmo, di una città irredimibile come la nostra.

Candido propone un mondo realizzato con materiali più disparati assemblati tra loro come feticci. Pietra, metalli, ceramica, legno, plastica, polistirolo, cartone, gesso, ossa animali, giocattoli e pupazzi, stoffe e tessuti più svariati, peluche e lacci, collane, gingilli e monili di ogni sorta.

Su un piano prettamente stilistico, sono evidenti i richiami intrinseci ai manufatti della cultura africana, ma soprattutto di quelle espressioni figurative che tra Otto e Novecento hanno caratterizzato tanta arte figurativa e plastica delle avanguardie. Nella vasta produzione dell’artista palermitano c’è il mistero e lo sguardo incantato di Rousseau il Doganiere, c’è la plasticità di Picasso, c’è Baj e Fautrier, passando per il pop americano e infine per il nouveau réalisme. Sono evidenti, inoltre, modalità operative appartenenti a movimenti storici come il dada o l' arte povera, coniugando gioco e denuncia sociale, ironia e gravità; o accostamenti ai lavori in juta di Angelo Mazzoleni e al movimento del neosincretismo, e venendo ai nostri giorni, alla fiber art.  Quella di Gai è un’arte costellata di microcosmi, di archetipi e di simboli dell’infanzia lontana – l’infanzia collettiva diremmo, l’inconscio collettivo junghiano si intende non quella individuale, così come nei rimandi della memoria non è qui quella proustiana dei propri ricordi ma quella faucaultiana dell’archeologia del sapere, la memoria degli oggetti, dell’esistente, quindi collettiva e appartenente al nostro vissuto quotidiano -, dell’innocenza tradita, del paradiso perduto nell’obbrobrio del peccato originale e riconquistato dalla purezza ideale, purezza d’animo, di ricerca innocente dell’immagine dell’archetipo, non necessariamente divino.

La mostra sarà presentata da Giuseppe Cipolla, docente di Storia delle Tecniche Artistiche dell'Accademia di Belle Arti di Palermo. Sarà presente anche l'artista.

Chiesa di San Giovanni Decollato

Piazza San Giovanni Decollato (di fronte a Palazzo Sclafani)

Inaugurazione Mercoledì 7 Maggio 2014 Ore 18,30

Visitabile: 8/9 Maggio ore 17-20

10 Maggio ore 10-13

Notizie

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